Il tempo di Blanca di Marcela Serrano

E' il terzo libro che leggo di questa autrice e credo che potrebbe davvero diventare la mia preferita. 
"Ai tempi di mia nonna - me lo raccontava lei - non si buttava via niente. Nemmeno l'esperienza. Un bacio era una cosa rara nella vita di una persona e veniva custodito come un tesoro. Il dolore si conservava gelosamente per non dimenticarlo. E da quello si imparava. Adesso, calze, dolori e baci, consumiamo tutto, rompiamo tutto, ci disfiamo di tutto."
Il suo stile non è limpido ed impeccabile ma disordinato e colloquiale ma mi stupisce sempre per la sua sincerità, la sua passione e per lo studio che c'è dietro ai suoi romanzi.

"Quando mia nonna morì, non mi lasciò soldi. Il denaro in quanto tale non le era mai piaciuto,  perché temeva che potesse spezzare o disperdere più che rinsaldare i cicli di felicità."

In questo romanzo si affrontano, senza falsi pudori, molte situazioni, molti sentimenti e problematiche della vita di una donna, Blanca, ma anche delle sue carissime amiche, Sofia e Victoria, ed è impossibile non immedesimarsi in loro, o in qualche parte del loro carattere, del loro modo di vivere e di pensare. 
Blanca, una donna buona e ordinaria, si ritrova la vita scombussolata: prima da un amore improvviso e travolgente e poi da una malattia, l'afasia,  che le toglie una delle cose a cui ognuno di noi tiene di più, la possibilità di parlare, ma anche quella di leggere e di scrivere.
"Mia nonna mi disse che con i libri non mi sarei mai sentita sola. Mi insegnò ad avere cura dei miei occhi fino a farmi sentire padrona del luogo più prezioso, più limpido. Mi spiegò che se mai mi fosse venuto meno l'udito, non sarebbe stata una grave perdita, tutto quello che valeva la pena di ascoltare era già stato scritto e l'avrei potuto riscattare con gli occhi. Mi disse che se mi fosse mancata la voce, non sarebbe stata la fine del mondo. Avrei registrato i suoni dall'esterno senza restituirli e nessuno, tranne me, ne avrebbe sentito la mancanza. [...]Dovevo prendermi cura dei miei occhi. Solo con quelli avrei potuto leggere. Solo quelli mi avrebbero salvato dalla solitudine."
In questo romanzo ho trovato alcune pagine veramente belle, una delle quali merita un post a parte.
"Noi facciamo con le mani quello che abbiamo visto fare dalle mani prima di noi. Per generazioni, le mani delle donne di campagna hanno fregato per terra, lavato nelle tinozze; quelle di città hanno tagliato cipolle e hanno portato le borse dal mercato. Entrambe hanno lasciato la loro impronta nella pasta del pane, sul manico di scopa. Altre sui ferri del lavoro a maglia e sugli aghi da cucito. E ci sono state mani di donna che hanno preso una penna e hanno scritto lettere, diari, libri...le mie mani discendono da queste."
Ogni libro che leggiamo ci lascia un messaggio e spesso sembra che arrivi nella nostra vita proprio quando abbiamo bisogno di lui.


Titolo originale: Para que no me olvides (Perché io non dimentico) (1998) Traduzione di Simona Geroldi

Commenti

  1. E' piaciuto tanto anche a me, lo lessi qualche anno fa' e leggere il tuo post mi ha fatto venire la voglia di rileggerlo.
    Grazie ciao Marilena

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    1. Sono contenta che ti abbia fatto questo effetto!!! Hai letto il brano che ho pubblicato domenica?

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