La ragazza con l'orecchino di perla di Tracy Chevalier

È il mio primo incontro con Tracy Chevalier e anche se ho trovato la sua scrittura molto semplice, quasi da libro per ragazzi, il romanzo mi è piaciuto molto. Mi ha letteralmente trascinato dentro i quadri di Vermeer, e nel 1660, a Delft, nei Paesi Bassi. 
Mi sembrava di essere lì tra quelle strade, al mercato, nella dimora del pittore, di conoscere i personaggi, la moglie Catharina arrogante perché insicura, i suoi numerosi figli, la suocera che tira le fila della famiglia, la domestica Tanneke, distrutta e astiosa, il padrone Johannes così taciturno ed egoista e naturalmente Griet, una ragazza moderna e intraprendente. Ma anche tutti gli altri.
E soprattutto mi sembrava di essere in quel atelier, tra i colori di Vermeer, dietro al suo cavalletto.
“Da grani grossolani e opachi di robbia, per esempio, emergeva una bella polvere rosso brillante che, mescolata con l'olio di lino, produceva un colore luminosissimo. Arrivare a creare questo e altri colori era come una magia.”
Una scelta originale e una ricerca storica accurata quella di Tracy Chevalier per immaginarsi le storie dietro i quadri del grande pittore olandese. E anche l'attrazione sottintesa tra la domestica e il suo padrone è così lieve, sussurrata, così impalpabile come i colori di un dipinto che non lascia indifferenti.
“Non è il quadro che è cattolico o protestante", spiegò, "ma chi lo guarda, e quello che lui si aspetta di vedere. Un quadro in una chiesa è come una candela in una stanza buia: serve a vedere meglio. E' il ponte tra noi e Dio. Ma non è una candela protestante o cattolica. E' una candela e basta".”
Nel romanzo Griet assiste all'allestimento di alcuni ritratti. In realtà non si sa chi siano le protagoniste dei ritratti di Vermeer. Quelle di Tracy Chevalier sono solo fantasie, sicuramente verosimili, ma non supportate da fonti storiche. Eccone alcuni:

“Si stava annodando intorno al collo un filo di perle, di cui reggeva in alto i nastri, le mani sospese a mezz'aria. Tutta presa dalla propria immagine nello specchio, sembrava non rendersi nemmeno conto che qualcuno la stava osservando. Sullo sfondo - una parete di un bianco abbacinante - era appesa una vecchia carta geografica, e dal buio del primo piano emergeva un tavolo su cui giacevano la lettera, il piumino da cipria e gli altri oggetti sotto cui avevo già spolverato.

Volevo indossare io quel mantello e quelle perle. Volevo conoscere l'uomo che l'aveva ritratta in quel modo.”
Donna con una collana di perle, c. 1662-1665, a Berlino

“Diede inizio al quadro della figlia del fornaio stendendo una mano di grigio chiaro sulla tela bianca, poi tracciò dei segni rossastri per abbozzare la ragazza, il quadro, la brocca, la finestra e la carta geografica, ciascuno al suo posto. A quel punto pensai che avrebbe incominciato a dipingere le cose com'erano: il viso della ragazza, una gonna blu, un corsetto giallo e nero, una carta geografica color nocciola, una brocca nella sua bacinella d'argento, una parete bianca. Stese invece delle chiazze, una nera dove doveva esserci la gonna, una ocra dove c'erano il corsetto e la carta appesa, una rossa per la brocca e la bacinella, una grigia per il muro. Erano colori sbagliati: nessuno di essi era il colore giusto dell'oggetto da raffigurare. Lavorò a lungo su questi colori che io definivo sbagliati.”
“Aggiunse un azzurro chiaro sulla gonna della ragazza, che diventò di quel colore, ma vi trasparivano dei trattini neri; il colore era azzurro nell'ombra del tavolo, blu dalla parte della finestra. Sulla zona del muro aggiunse dell'ocra gialla, attraverso cui traspariva un po' di grigio, assumendo l'aspetto d'un muro luminoso ma non bianco. Quando la luce batteva sulla parete, scoprii, essa non era bianca, ma di molti colori.”
Ragazza con una brocca d'acqua, c. 1662-1665,  al Met di New York


E con il padre, divenuto cieco, rievoca la volta che vide questo quadro:
“Ti ricordi quel quadro che vedemmo nel Municipio qualche anno fa, quello che Van Ruijven aveva acquistato e che mostrava a tutti? Era una veduta di Delft, presa dalla Porta di Rotterdam e Schiedam.
Con quel cielo che occupava gran parte del dipinto, e la luce del sole che batteva su alcuni edifici".
"E il colore era mischiato con della sabbia per rendere il ruvido dei mattoni e dei tetti", aggiunsi io. "E c'erano ombre lunghe sull'acqua, e figurine di persone sulla sponda più vicina a chi guardava".
"Proprio quello". Le orbite di mio padre si distesero, come se avesse ancora gli occhi e stesse guardando il quadro.
Me lo ricordavo bene, e ricordavo d'aver pensato che in quel posto c'ero stata tante volte ma non avevo mai visto Delft come l'aveva vista il pittore.”
La veduta di Delft, c.1660 -1661, si può ammirare al Mauritshuis

Griet sente parlare dei pettegolezzi dietro questo quadro e della fine fatta dalla domestica qui rappresentata di cui Van Ruijven (il ricco committente vizioso)  si era invaghito  e viene messa più volte in guardia di non cadere nella stessa trappola.
“E' successo diversi anni fa. A quanto pare, Van Ruijven pretese che una delle sue sguattere posasse in un quadro insieme con lui. Le fecero indossare uno degli abiti lunghi della moglie, rosso, e lui insistette perché nel quadro c'entrasse anche del vino, così che ne faceva bere alla ragazza ogni volta che posavano. Quello che è certo è che prima che il quadro fosse finito lei aspettava un figlio di Van Ruijven".
"E poi che cosa fu di lei?" Pieter si strinse nelle spalle: "Che cosa succede alle ragazze come lei?”
Il bicchiere di vino, c. 1659-1660,  è conservato a Berlino


Il centro della storia, il sospirato e temuto momento è questo: il dipinto della ragazza con gli occhi grandi con quello strano copricapo.

La ragazza con l'orecchino di perla, c. 1665-1667,  è esposto al Mauritshuis di L'Aja (Den Haag)



Titolo originale: Girl with a Pearl Earring (1999), traduzione di Luciana Pugliese, Neri Pozza Editore

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